“Dissociarsi formalmente dalla decisione del Comune di Bologna di avviare la distribuzione gratuita di pipe per il consumo di crack, ritenendo tale iniziativa non coerente con i principi della prevenzione e della tutela della salute pubblica; chiarire il ruolo delle Aziende pubbliche di Servizi alla Persona (ASP) nella progettazione, gestione e distribuzione del materiale, se tale attività rientri nelle competenze istituzionali a loro attribuite e se l’azienda USL di Bologna sia stata coinvolta, direttamente o indirettamente, nell’iniziativa”.
Questi alcuni dei quesiti e sollecitazioni che la capogruppo di Fratelli d’Italia Marta Evangelisti indirizza alla giunta regionale, tanto in un’interrogazione quanto in una risoluzione, sul caso della distribuzione sperimentale di pipe per fumare crack annunciata dal Comune di Bologna.
In entrambi gli atti, Evangelisti sottolinea “l’aumento significativo del consumo di crack, specialmente nei contesti urbani a forte disagio sociale”, tanto che la cocaina cristallizzata assunta per inalazione sembra aver soppiantato il consumo delle altre sostanze stupefacenti.
Ricordando come il crack, a differenza della ‘sostanza madre’ (la cocaina in polvere) “produce effetti immediati ma di brevissima durata (5-10 minuti), seguiti da un intenso craving (desiderio di riassunzione), generando una dipendenza altamente compulsiva, sia fisica che psicologica”, la capogruppo informa anche che “l’iniziativa di distribuzione gratuita di pipe in alluminio per l’inalazione del crack è gestita dagli operatori di strada dell’Azienda pubblica di Servizi alla Persona (ASP) Città di Bologna e si svolge anche in spazi dedicati come quelli di via Carracci, all’interno del programma ‘Fuori Binario'”.
Ribadendo come “le politiche di riduzione del danno abbiano una valenza sanitaria in specifici contesti”, Evangelisti rimarca come “l’iniziativa bolognese corra il rischio di configurarsi come una legittimazione indiretta del consumo di crack, con un potenziale effetto normalizzante sull’uso di sostanze stupefacenti, e come l’impiego di risorse pubbliche per la distribuzione di strumenti destinati al consumo di droga sollevi forti perplessità etiche e istituzionali, specie in assenza di un coordinamento regionale o nazionale su tali pratiche”.
Dalla situazione esposta Marta Evangelisti trae quindi i due oggetti assembleari e oltre ai quesiti e alle sollecitazioni principali, chiede conto all’esecutivo regionale “se la Regione sia stata coinvolta formalmente nel processo decisionale, quali risorse economiche siano state eventualmente impiegate dall’Azienda sanitaria o da altri enti pubblici per finanziare l’iniziativa e se non ritenga necessario attivare un monitoraggio regionale sul fenomeno del consumo di crack, valutando l’impatto delle politiche di ‘riduzione del danno’ e garantendo una cornice operativa omogenea e scientificamente fondata per tutte le realtà del territorio”.
Sollecitazioni di carattere più generale, infine, indirizzate “a promuovere un coordinamento regionale, anche attraverso la Cabina di regia sulle dipendenze patologiche, al fine di garantire un approccio omogeneo e scientificamente fondato nella gestione delle tossicodipendenze, nel rispetto delle linee guida del Piano nazionale d’azione sulle droghe, e a destinare maggiori risorse ai servizi territoriali per le dipendenze (SerT), potenziando gli strumenti di prevenzione precoce, l’intervento educativo, il sostegno alle famiglie e il reinserimento lavorativo, con particolare attenzione ai territori più colpiti dalla diffusione del crack”.
(Luca Boccaletti)



