La Giunta regionale riformuli la delibera sulle ‘Case della salute’, approvata di recente, con l’obiettivo primario di fornire agli utenti “un punto di riferimento certo, diffuso in modo omogeneo in tutto il territorio regionale, evitando di creare conflittualità tra le professioni”.
A chiederlo è Giulia Gibertoni (M5s) in un’interrogazione, dove elenca tutte le affermazioni non condivisibili contenute nella delibera.
Tra queste – scrive la consigliera – quella dove si legge che si è in attesa “della definizione, negli Accordi collettivi nazionali delle Associazioni funzionali territoriali (Aft) e delle Unità complesse di cure primarie (Ucad), di nuovi compiti e modalità associative della medicina territoriale, senza considerare che già nell’ultima Convenzione della medicina generale del 2010 erano previste le modalità per la realizzazione proprio delle Associazioni funzionali territoriali Aft e delle Unità complesse di cure primarie”.
Desta poi “stupore” – aggiunge Gibertoni – che il programma di funzionamento delle ‘Case della salute’ regoli l’integrazione tra le diverse figure professionali senza tener conto del loro diverso stato giuridico e del diverso sistema di retribuzione. E anche dove si affronta il tema dell’integrazione, si utilizzerebbe – a parere della consigliera – la terminologia propria di un rapporto di subordinazione, senza considerare che “i medici di medicina generale sono liberi professionisti, che hanno una diversa progettualità per giungere agli obiettivi di miglioramento e di salute”.
“Il modello organizzativo che si propone nella delibera” – aggiunge – è quello “ospedaliero, tipico della dipendenza e che risente profondamente di una visione amministrativa e dirigistica” e dove “non trova allocazione il rapporto fiduciario tra medico e paziente che se valorizzato può essere l’unico vero sistema per fare la differenza e per ridurre il ricorso ai farmaci e agli esami clinici non necessari”.
Al contrario, – evidenzia – nel testo si rileva “la volontà di industrializzazione della salute, in cui la libera scelta, che il cittadino fa del proprio medico, diverrà un inutile orpello” ed emerge, tra l’altro, che “si vuole passare dal rapporto di fiducia con il proprio medico al rapporto di fiducia tra cittadino e struttura, spersonalizzando e presentando i liberi professionisti come dipendenti senza le garanzie della subordinazione: si vuole giungere, in sintesi, a trasformare il medico in un erogatore di prestazioni definite e programmate”.
Gibertoni segnala quindi che il consiglio direttivo dell’Omceo (ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri) di Bologna avrebbe “bocciato senza appello la delibera”, i cui “principali punti critici” sarebbero, tra l’altro, “l’espropriazione di ruolo dei medici, la mancanza della figura del direttore sanitario e l’attribuzione di un ruolo secondario del professionista medico e la sua subordinazione istituzionale al coordinatore infermieristico”.
Dal testo – riferisce la consigliera – non emergerebbe chiaramente come “tutelare il rapporto territorio-ospedale rispetto alle necessità di ricovero nei tempi necessari alla patologia da trattare” e, infine, verrebbero a crearsi “conflittualità tra medici e infermieri”.
Gibertoni, dunque, propone di riscrivere la delibera in modo da “strutturare un sistema integrato di servizi che si prenda cura delle persone fin dal momento dell’accesso”, con un approccio globale ai loro bisogni e preservando il rapporto di fiducia medico paziente e invita la Giunta a costruire reali relazioni cliniche e organizzative che mettano in collegamento i Nuclei di cure primarie con gli altri nodi della rete assistenziale specialistica e ospedaliera, in modo da assicurare la continuità assistenziale.
(Tutti gli atti consiliari – dalle interrogazioni alle risoluzioni, ai progetti di legge – sono disponibili on line sul sito dell’Assemblea legislativa al link: http://www.assemblea.emr.it)
(Antonella Celletti)