A Imola una signora di 82 anni avrebbe denunciato alla stampa che l’Asp locale non avrebbe accettato il marito affetto da Alzheimer, di cui la donna si prende cura da anni come della madre di 102 anni. Da questo episodio prendono spunto un’interrogazione e una risoluzione di Raffaella Sensoli, Andrea Bertani e Gian Luca Sassi (M5s), che considerano la situazione famigliare della signora tale da “non porre limiti al ricovero del marito”.
Secondo quanto riporta la signora alla stampa, – riferiscono i consiglieri – “il marito è malato da tempo: nell’ultimo periodo la moglie aveva cercato di predisporre un ricovero presso il proprio domicilio, ma le condizioni del marito hanno richiesto nuovamente il ricovero, inizialmente di lunga degenza, ma che non si è protratto nel tempo, e la necessità di un nuovo soggiorno presso una struttura privata, ma in regime non convenzionato con costi non accettabili per la situazione reddituale della famiglia”. Sensoli e colleghi ricordano che “le rette per gli ospiti di strutture per anziani non autosufficienti affetti da demenza senile rientrano nell’applicazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA) definiti a livello nazionale” e che “l’attuale normativa nazionale sui LEA prevede il pagamento delle prestazioni sanitarie e di una quota degli altri costi a carico del fondo sanitario: nessuna prestazione sanitaria erogata a pazienti affetti da demenza utenti dei servizi socio-sanitari è pertanto a carico degli ospiti, mentre è la restante quota del 50% a carico dell’ospite, integrata dal Comune qualora l’ospite sia indigente”. “Attualmente per le persone con disabilità gravissima – aggiungono – non dovrebbe essere richiesta la presentazione dell’Isee e la compartecipazione al costo dei servizi residenziali, mentre, per quanto riguarda le altre prestazioni socio-sanitarie rivolte a persone con disabilità grave, la normativa sui LEA prevede per i centri residenziali una quota pari al 30% del costo complessivo a carico dell’utente o del Comune in caso di mancanza di redditi insufficienti della famiglia”.
Questo caso – rilevano inoltre – mette in evidenza che le osservazioni fatte dal gruppo consiliare del Movimento 5 Stelle sull’universalismo selettivo introdotto da tempo dal Piano socio-sanitario della Regione non è una ipotesi, ma una pratica reale”.
Alla luce di queste considerazioni, Sensoli, Bertani e Sassi chiedono alla Giunta di esprimere un giudizio sulla vicenda e di intervenire nei confronti dei servizi sociali del territorio per risolvere l’”incresciosa” situazione.
I consiglieri invitano inoltre l’esecutivo regionale ad avviare da subito una valutazione che porti a sgravare da ogni costo, per i servizi residenziali offerti, le persone affette da Alzheimer, in considerazione del fatto che non sono scindibili, per questa patologia, le attività socio-assistenziali da quelle sanitarie, per cui le prestazioni sono totalmente a carico del Servizio sanitario nazionale.
Sensoli e colleghi, infine, sollecitano la Giunta ad eliminare le procedure che realizzano l’universalismo selettivo nei servizi socio-sanitari, utilizzando la valutazione della situazione economica esclusivamente per la determinazione della compartecipazione ai costi e non per l’accesso ai servizi.
(Antonella Celletti)