Sanità e welfare

Mastacchi (Rete Civica): cancellare il payback, a rischio 4mila piccole e medie imprese

“Il meccanismo per cui, se si sfora il tetto di spesa della Regione, le aziende devono contribuire a ripianare l’eccedenza mette a rischio 120mila posti di lavoro e le cure dei cittadini. La giunta intervenga in conferenza Stato-Regioni, serve un meccanismo più equo”

La Regione tuteli le piccole e medie imprese dal meccanismo del payback, “una norma che limita la libertà d’impresa, realizzata perché richiesta dai parametri europei, ma bloccata per diversi anni proprio perché mette a rischio la continuità aziendale e la tenuta delle attività cliniche del sistema sanitario pubblico a favore delle multinazionali e della sanità privata”. Inoltre, si attivi in Conferenza Stato-Regioni per trovare un altro modello regolatorio che attivi un meccanismo più equo e sostenibile a livello nazionale”.

Sono le richiesta di Marco Mastacchi, capogruppo di Rete Civica, in un’interrogazione. Il consigliere chiede quale strada la Regione intenda intraprendere e se non ritenga di intervenire in conferenza Stato-Regioni per trovare un meccanismo nazionale più equo e sostenibile “ad esempio ricalcolando la percentuale del fatturato dei dispositivi medici, ma su base nazionale, al fine di non penalizzare le Regioni a forte sanità pubblica e quelle con un forte turismo sanitario in entrata, come appunto la nostra ed applicando una franchigia di fatturato, al di sotto del quale le aziende sarebbero esonerate dal pagamento, come già avviene per il payback sul farmaco”. Infine, i cittadini vengano informati “circa il potenziale rischio di difficoltà di reperimento di dispositivi medici, a causa di questa norma e la conseguente difficoltà nel breve periodo di erogare le cure sanitarie fino ad ora garantite”.

Il payback “ha previsto che nel caso in cui le Regioni superavano il tetto di spesa, fissato per legge, per l’acquisto di dispositivi sanitari, le aziende dovevano contribuire a ripianare l’eccedenza fino a un massimo del 50% del fatturato delle forniture”. Il decreto Aiuti bis del 2022 definisce “le regole per l’applicazione del sistema di compartecipazione delle Imprese del comparto dei dispositivi medici allo sforamento dei tetti regionali di spesa sanitaria, obbligando l’industria del settore a un esborso finanziario che viene stabilito in oltre 2 miliardi di euro”. Le aziende del comparto sanità, continua Mastacchi, sono obbligate “a rimborsare, a posteriori (8 anni), il 50% dello sforamento del tetto del 4,4% rispetto al FSN delle Regioni per il quadriennio 2015-2018, tramite un contributo non previsto nel momento in cui l’offerta in gara è stata formulata, rendendo l’offerta non più economicamente sostenibile”. Un decreto legge del marzo 2023, per limitare gli effetti della norma, concede “alle imprese una riduzione del corrispettivo dovuto per gli anni 2015-2018 del 48% circa condizionando, però, tale riduzione all’abbandono del contenzioso, se proposto, dinanzi al Tar”.

Prosegue il consigliere: “La levata di scudi contro il payback è stata generalizzata e le voci di dissenso, anche attraverso pubbliche manifestazioni” contro un meccanismo spesso di difficile lettura che “crea rilevanti difficoltà fiscali, essendo i bilanci degli operatori di settore già depositati per gli anni “incriminati”, con modalità lesive del principio di leale collaborazione tra pubblico e privato”. A beneficiarne sono anche i cittadini di altre regioni che vengono a farsi curare da noi, generando un’alta spesa, “mentre su regioni a forte sanità privata (Lombardia, Lazio) il costo dei dispositivi medici è nascosto nel costo delle prestazioni rimborsate dalle Regioni (Payback richiesto da: Lombardia 10.542,00€, Lazio 0€, Emilia Romagna 170.380.714,00€). Mastacchi lancia l’allarme: “il nuovo termine per il versamento delle imprese è fissato al 30 ottobre 2023 e più di 4000 piccole e medie imprese del settore potrebbero fallire se non vengono presi provvedimenti immediati per rivedere questo meccanismo, che rischia di lasciare senza lavoro più di 120.000 lavoratori”. Un sistema che andrà a discapito “della salute dei cittadini, infatti la scarsa qualità della strumentazione a disposizione della sanità pubblica rischierà di non riuscire a realizzare diagnosi tempestive, con un costo maggiore per lo Stato nella cura del paziente e con un aumento della richiesta della sanità privata” conclude il consigliere.

(Gianfranco Salvatori)

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