Quali iniziative intende mettere in campo la Regione “per la tutela delle tradizioni proprie delle festività cattoliche” e per far sì che “non si generino discriminazioni verso coloro che credono negli insegnamenti della religione cattolica e nei suoi rituali, quali la benedizione di luoghi significativi per la loro formazione?”. È quanto chiede Galeazzo Bignami (Fi) in una interrogazione alla Giunta, partendo da una recente sentenza del Tar dell’Emilia-Romagna che ha accolto il ricorso di una associazione di genitori e insegnanti con il quale si chiedeva di sospendere una delibera del Collegio docenti che autorizzava le benedizioni pasquali a scuola in orario extrascolastico.
Nella sentenza, scrive Bignami, i giudici del Tar hanno premesso che il principio costituzionale della laicità o non confessionalità dello Stato “non significa indifferenza di fronte all’esperienza religiosa, ma comporta piuttosto equidistanza e imparzialità rispetto a tutte le confessioni religiose”. Ciò fa sì che “anche la tutela della libertà religiosa non si risolve nell’esclusione totale dalle istituzioni scolastiche di tutto ciò che riguarda il credo confessionale della popolazione, purché l’attività formativa degli studenti si giovi della conoscenza di simili fenomeni se e in quanto fatti culturali portatori di valori non in contrasto con i principi fondanti del nostro ordinamento e non incoerenti con le comuni regole del vivere civile”, ma la “scuolanon può invece essere coinvolta nella celebrazione di riti religiosi che sono essi sì attinenti unicamente alla sfera individuale di ciascuno – secondo scelte private di natura incomprimibile – e si rivelano quindi estranei ad un ambito pubblico che deve di per sé evitare discriminazioni”.
Ma secondo il consigliere tale sentenza appare in contrasto con il parere n.41778/08 reso dall’Avvocatura generale dello Stato – sezione VII – l’8 gennaio 2009, con il quale l’Avvocatura dichiarava legittima una circolare del ministro della Pubblica istruzione (prot. 13377/544/MS del 13 febbraio 1992) “ammettendo dunque la possibilità di far rientrare, su iniziativa e deliberazione conforme degli organi collegiali, eventuali atti di culto, quali la celebrazione della Messa e le benedizioni pasquali, nell’ambito di iniziative extrascolastiche (decreto Presidente della Repubblica n. 416 del 1974)”. La stessa Avvocatura, prosegue, “aveva fornito indicazioni pratiche, dando particolare rilievo al criterio di opportunità, alla sensibilità e al coinvolgimento delle componenti scolastiche”.
Bignami cita poi un pronunciamento del Consiglio di Stato, che era intervenuto in sede giurisdizionale, con sentenza della Sezione Sesta del 6 aprile 2010, n.1911, con la quale ha ritenuto che “nella deliberazione del consiglio di istituto, con cui viene autorizzata la visita pastorale dell’Ordinario diocesano alle comunità scolastiche, non può riconoscersi un effetto discriminatorio nei confronti dei non appartenenti alla religione cattolica, dal momento che (…) la visita programmata non può essere definita attività di culto, né diretta alla cura delle anime secondo la definizione contenuta nell’articolo 16 della legge n. 222 del 1985, ma assume piuttosto il valore di testimonianza culturale, tesa ad evidenziare i contenuti della religione cattolica sotto il profilo della opportuna conoscenza, così come sarebbe nel caso di audizione di un esponente di un diverso credo religioso o spirituale”.
Dunque, secondo l’esponente di Fi la recente sentenza del TAR di Bologna “potrebbe costituire un precedente che va a minare la libertà religiosa di cui all’articolo 19 della nostra Costituzione (‘Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume’)”. “Vieterebbe infatti la benedizione pasquale anche in orario extrascolastico di un luogo nel quale i bambini trascorrono gran parte del loro tempo e, in tal senso, la mancata benedizione del luogo in cui si riceve formazione culturale può essere lesiva del diritto di cui all’art.19 della Costituzione italiana”, conclude Bignami, che chiede alla Giunta di pronunciarsi.
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