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Settimana della legalità. Il Premio Morrione e Libera ricordano Ilaria Alpi a 30 anni dalla morte

Giornata dedicata al giornalismo d’inchiesta in Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna. La vicepresidente Silvia Zamboni: “Bisogna far crescere i giovani nella legalità. Teniamo alta guardia rispetto ai reati ambientali”

Il Premio Morrione e Libera ricordano Ilaria Alpi, la giornalista del TG3 uccisa, insieme al cineoperatore Milan Hrovatin, 30 anni fa a Mogadiscio.

Giornalismo d’inchiesta protagonista della “Settimana delle legalità“, l’iniziativa promossa dall’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna insieme a associazioni, Comuni, scuole e soggetti privati.

“Il futuro dei giovani deve essere nella legalità. La Settimana della legalità è un lavoro immane coordinato dall’Assemblea legislativa. Ho conosciuto da vicino il lavoro di Roberto Morrione: un faro del giornalismo d’inchiesta, che va nella carne viva del Paese”, spiega Silvia Zamboni, vicepresidente dell’Assemblea legislativa introducendo l’incontro in viale Aldo Moro -. “Ricordo, inoltre, come Ilaria Alpi si occupasse di inchieste su traffico di rifiuti: è bene tenere presente che dove c’è ricchezza, c’è rischio di infiltrazioni mafiose. Questo vale anche per la nostra regione, dove i reati di tipo ambientale rappresentano il 4% del totale. Questo vuol dire che anche in Emilia-Romagna dobbiamo tenere alta l’attenzione”.

Le parole di Mara Filippi Morrione, portavoce del Premio Morrione, spiegano il valore del giornalismo d’inchiesta: “Ai giovani giornalisti che vogliono fare giornalismo d’inchiesta, intendiamo garantire risorse, relazioni e rapporti perché possano avere ‘le spalle larghe’ e possano contribuire a far crescere generazioni di cittadini consapevoli e responsabili. È giusto ricordare Ilaria Alpi: il Premio Morrione è legato a quella vicenda e al Premio Ilaria Alpi”. Mara Filippi Morrione, nel ripercorrere la storia del Premio, sottolinea: “Anche quest’anno abbiamo sette finalisti, cinque ragazze e due ragazzi. Per noi è importante sostenere un giornalismo per il quale l’unico referente è il pubblico: nel solco tracciato da Roberto Morrione, che diceva sempre ‘Non faccio lo slalom, ma la discesa libera‘”.

E’ stato il segretario del Premio Morrione, Francesco Cavalli, a tracciare un ricordo di Ilaria Alpi, la giornalista del TG3 assassinata 30 anni fa a Mogadiscio insieme al cameraman Miran Hrovatin. “Sono trent’anni che chiediamo la verità per Ilaria e Milan. Ci sono stati depistaggi, ma ci sono anche elementi nuovi per le indagini. Non smetteremo mai di chiedere la verità” – spiega Cavalli, che ripercorre le tappe delle inchieste e dei depistaggi che caratterizzano la ricerca della verità -.  “Sono passati tanti anni, ma siamo ancora nel presente della nostra storia: penso che il momento di svolta sia indagare sul depistaggio che ha fatto sì che Ashi Omar Hassan sia stato individuato, seppur innocente, come colpevole dell’omicidio: si è fatto 17 anni di carcere, ma poi è risultato innocente e una volta tornato in Somalia è anche lui morto in un attentato: noi – sottolinea Cavalli – vogliamo giustizia per Ilaria, Milan e anche per Omar. Nessuna archiviazione sarà possibile”.

A testimoniare cosa sia il giornalismo d’inchiesta è stato il cortometraggio “Brucia la terra” – realizzato da Tommaso Panza e Youssef Hassan Holgado – che ha vinto la dodicesima edizione del Premio Roberto Morrione per il giornalismo investigativo. “Brucia la terra” ricostruisce la storia recente di Foggia commissariata per mafia, un dramma raccontato attraverso documenti investigativi, audio inediti, testimonianze di vittime di mafia e degli imprenditori che hanno denunciato i loro aguzzini. “In Puglia le mafie ci sono da 40 anni con guerre di mafia e morti ammazzati per strada. Il giornalismo di inchiesta serve a denunciare queste cose”, spiega Panza, che ricorda come “per decenni la mafia è stata ignorata e la mia inchiesta è servita a parlare di Foggia. Oggi si parla tanto di Bari, guarda caso siamo vicini alle elezioni comunali ed europee, ma per anni e anni nessuno se n’è voluto occupare”.

Si inserisce nel filone del “giornalismo di inchiesta sul campo” il racconto di Sofia Nardacchione, giornalista di Libera, che ha curato due inchieste, una sui fondi del Pnrr destinati all’Appennino bolognese e l’altra sulla infiltrazioni della criminalità organizzata  nella ristorazione sotto le Due Torri. “Mi avvicinai a Libera e ai temi dell’antimafia oltre 10 anni fa quando andavo ad assistere al primo processo a Bologna in cui era contestata l’associazione mafiosa. L’elemento che colpiva era la presenza di imputati, magistrati e avvocati ma l’assoluta assenza dei giornalisti. E’ lì che è nato il mio impegno per il giornalismo di inchiesta, proprio per dare voce a chi non ce l’ha”.

A moderare la giornata Mauro Sarti, direttore del Servizio informazione dell’Assemblea legislativa. Fra il pubblico una classe delle Scuole Aldini Valeriani di Bologna.

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(Luca Molinari)

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