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Alluvione del Reno, Regione pronta a rifondere i danni. Pd con la giunta, per le opposizioni è mancata la prevenzione

L’assessore Gazzolo ha chiamato in causa il ministero della Difesa, proprietario dell’argine crollato. Sinistra italiana punta il dito contro l’esiguità delle risorse stanziate dai governi

Alluvione a Modena
Alluvione a Modena

Gli eventi calamitosi verificatisi il 2 e il 3 febbraio scorso hanno causato danni in tutta l’Emilia-Romagna, per affrontare i quali sono stati stanziati 22 milioni destinati a interventi di somma urgenza, dei quali 5,8 milioni per l’esondazione del fiume Reno nel bolognese. Questo il dato più significativo dell’informativa svolta dall’assessore alla Difesa del suolo e Protezione civile, Paola Gazzolo, nella seduta odierna dell’Assemblea legislativa. L’assessore ha illustrato come gli interventi siano stati tempestivi, efficienti ed efficaci. Riguardo all’argine del Reno, nel bolognese, ceduto per l’ondata di piena, l’assessore ha spiegato come si trovasse in area militare, cosa che ha reso lungo e impervio l’iter burocratico per l’intervento, iniziato solo nel dicembre scorso. In chiusura d’intervento, Paola Gazzolo ha sollecitato il governo a dichiarare lo stato d’emergenza, assicurando l’intervento diretto della Regione nella refusione dei danni.

In merito al cedimento dell’argine sul Reno, Silvia Piccinini (M5s) ha evidenziato come ci sia stata sottovalutazione del rischio e mancanza di interventi di prevenzione, nonostante le numerose segnalazioni di pericolo. La capogruppo, inoltre, ha puntato il dito contro i tempi per la realizzazione dei lavori (3 anni) e l’efficacia del ruolo del Commissorio contro il dissesto, in capo allo stesso presidente della Regione. Nello specifico del cantiere sull’argine, la consigliera ha chiesto per quale motivo la Regione non abbia agito con procedura di somma urgenza, anziché attendere in modo inerte i tempi della burocrazia. Ha chiuso il proprio intervento annunciando la presentazione di un esposto alla magistratura, sollecitando, però, anche una ricognizione interna all’Amministrazione regionale per accertare le responsabilità dell’accaduto.

Daniele Marchetti (Ln) ha criticato lo smarcamento della Regione da qualsiasi responsabilità, mettendo nel mirino lo stato dell’alveo del Reno nel punto in cui è avvenuta l’esondazione, che configurerebbe uno stato di manutenzione insufficiente. Inoltre, ha puntato il dito contro il cantiere sull’argine, chiedendo spiegazioni del fatto che i lavori non fossero ancora stati ultimati. Di qui la richiesta di avviare una precisa valutazione del rischio idrogeologico e idraulico dei corsi d’acqua che hanno presentato criticità in occasione dei recenti eventi alluvionali, a partire dal fiume Reno. Infine, Marchetti ha polemizzato col Pd per aver presentato, a latere dell’informativa, atti d’indirizzo per sollecitare il governo a stanziare fondi per il contrasto al dissesto idrogeologico, come se i governi precedenti fossero sempre stati adempienti e la Regione massimamente efficace.

Andrea Galli (Fi) ha chiamato in causa non solo la Giunta ma l’intera Amministrazione regionale, criticando l’assenza di prevenzione e di interventi di contrasto idrogeologico efficaci. Circa il punto critico dell’argine sul Reno, crollato sotto l’urto della piena, ha puntato il dito contro l’assenza di strumenti di monitoraggio, nonostante il pericolo di cedimento fosse conclamato.

Igor Taruffi (Si) ha richiamato l’attenzione sull’elevata fragilità del territorio emiliano-romagnolo, chiamando in causa il governo, a partire da quello in carica, per l’esiguità delle risorse finanziarie destinate alla difesa del suolo e al contrasto idrogeologico. Riguardo all’argine del Reno e al cantiere in essere, il capogruppo ha chiamato in causa il ministero della Difesa per la lentezza con la quale ha affrontato il problema del consolidamento.

Per Stefano Caliandro (Pd) il dovere delle istituzioni è quello di prendersi le responsabilità di quello che si fa. Abbiamo avuto – ha ricordato – 250 volontari della protezione civile, suddivisi in 68 squadre, che hanno cercato di contenere i danni e persone che hanno visto allagate le proprie case: di fronte a questo, il governo in carica ha tagliato 800 milioni per il piano idrogeologico del Paese. Inoltre, il capogruppo ha criticato Lega e 5 stelle per non essere intervenuti sul governo al fine della concessione dello stato di calamità. Noi – ha ribadito il consigliere dem – abbiamo denunciato, tramite una risoluzione, i rischi che ci sarebbero stati con i tagli alle risorse per il territorio ben prima che si verificasse l’esondazione. Se si vuole l’istituzione di una Commissione d’inchiesta – ha concluso Caliandro – i proponenti debbono recarsi in Procura, l’organo giudiziario preposto.

Michele Facci (Misto-Mns) ha puntato il dito contro la mancanza di un sistema di monitoraggio costante del rischio idrogeologico, dato che i fenomeni climatici estremi sono divenuti la norma. Oggi – ha sottolineato il consigliere sovranista – si debbono dare risposte a chi è stato danneggiato e se ci sono state trascuratezza e negligenza, occorrerà accertarne le responsabilità. Infine, Facci ha esortato l’esecutivo ragionale a rivedere il sistema di protezione civile, organizzando in modo più efficiente persone e risorse finanziarie.

Per Giancarlo Tagliaferri (Fdi) la prevenzione passa attraverso l’adeguamento delle infrastrutture, se si vuole evitare il ripetersi di disastri. I sindaci, gli imprenditori e i cittadini – ha concluso – hanno bisogno di tutele e la Regione ha il dovere di garantirle.

Gian Luca Sassi (Misto) ha invitato a un cambio di paradigma negli interventi di manutenzione, dato che precipitazioni piovose un tempo eccezionali sono divenute la normalità. Al di là di inutili rimpalli di responsabilità tra Regione e governo – ha concluso il consigliere – sarà decisivo intervenire in modo innovativo e risoluto, a partire dalle grandi opere.

(Luca Govoni e Margherita Giacchi)

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