Al centro resta il tema dell’abitare come strumento di integrazione delle comunità di Rom e Sinti: l’obiettivo è il superamento degli insediamenti di grandi dimensioni. In regione sono presenti 137 insediamenti (111 di piccole dimensioni) abitati da 2.732 persone (pari allo 0,06 per cento della media della popolazione residente), quasi tutti con cittadinanza italiana, per il 92,5 per cento sinti (2.528 persone). Negli ultimi anni sono stati chiusi diversi insediamenti: nel 2020 è stata chiusa una micro-area pubblica nel comune bolognese di San Lazzaro di Savena (Bologna); nel 2019 due aree sosta a Ferrara e Casalecchio di Reno, nel bolognese, e una micro-area pubblica sempre a San Lazzaro di Savena; nel 2018 un’area sosta nel comune modenese di Mirandola; dal 2015 al 2017 erano stati chiusi tre insediamenti nei comuni di Castelfranco Emilia, nel modenese, di Guastalla, nel reggiano, e di Faenza, nel ravennate.
In commissione Politiche per la salute e politiche sociali, presieduta da Ottavia Soncini, è stata presentata dall’assessore regionale Igor Taruffi, la relazione sulla clausola valutativa collegata alle norme regionali per l’inclusione sociale di Rom e Sinti (per il triennio 2019-2021).
Per le minoranze, però, la legge regionale non funziona.
Daniele Marchetti (Lega) parla di “fallimento”, “questa legge – rimarca – non funziona, soldi buttati al vento”. Per il consigliere “con l’istituzione di micro-aree familiari sono aumentati i problemi sui territori”. Rileviamo poi, aggiunge, “numerosi casi di abusivismo”. Per il leghista “questa minoranza non vuole integrarsi, l’inclusione si fa con pari diritti e pari doveri”. Anche per Valentina Stragliati, sempre del Carroccio, nell’applicazione di questa legge non mancano le criticità, “diritti e doveri – rimarca – sono due facce della stessa medaglia”. Per la consigliera “qualcosa non ha funzionato: a Piacenza, per fare solo un esempio, recentemente sono state denunciate nove persone, di cui sei nomadi, per traffico illecito di rifiuti”. Sulla stessa linea Michele Facci, anche lui leghista, “oggi – sottolinea – certifichiamo il fallimento delle politiche regionali su questa materia”. “Sono state create – evidenzia – zone franche in cui è permesso fare qualsiasi cosa”. Su questa vicenda, conclude, “c’è stato un comportamento della Regione Emilia-Romagna davvero imbarazzante”.
È poi intervenuta Marta Evangelisti (Fratelli d’Italia): “Noi da sempre siamo contrari alle micro-aree, prospettate come una sorta di panacea per l’integrazione di Rom e Sinti, in quanto avevamo già l’esempio negativo del modenese”. Anche per la consigliera “questa legge non ha funzionato ed evidente come anche nel bolognese le risorse siano state investite male”. “Siamo lontani – conclude – dalla logica diritti e doveri uguali per tutti. Questa non è integrazione”.
Reggio Emilia resta la provincia con la presenza più massiccia di insediamenti di Rom e Sinti: nel reggiano, infatti, risiede poco meno di un cittadino sinto su due (47,5 per cento) rispetto al totale in regione; la provincia di Modena e quella di Bologna seguono rispettivamente con il 17,8 per cento e il 17,6 per cento delle presenze mentre negli altri territori l’impatto è notevolmente minore.
Di parere opposto la maggioranza.
Per Federico Amico (Emilia-Romagna Coraggiosa) “queste presenza portano con sé elementi di carattere pregiudiziale molto forti, rilevo, però, che oltre il 99 per cento di rom e sinti in regione ha cittadinanza italiana”. Interviene poi sulle micro-aree: “L’approdo alle micro-aree è rispettoso di questa cultura ed è importante potenziare le collaborazioni tra gli enti locali e la Regione Emilia-Romagna”. Il consigliere ha poi rilevato che “questi percorsi sono diventati più complessi per l’emergenza collegata al Covid”.
Anche per Lia Montalti (Partito democratico) “attraverso questa legge abbiamo cercato di costruire dei percorsi concretizzabili, delle progettualità, per sostenere le amministrazioni locali”. Si tratta di una legge che, aggiunge, “vuole produrre miglioramenti nelle comunità. Le micro-aree sono state un approdo, abbiamo cercato di dare risposte e questa è una prima tappa rispettosa di una cultura, che introduce aspetti fondamentali, a partire dalla scuola”.
I nuclei famigliari di Rom e Sinti della regione sono mediamente composti da quattro persone, i maschi risultano essere il 50,5 per cento e le femmine il 49,5. Quanto alle fasce di età, i minori sono in media il 32,3 per cento, gli adulti (18-64 anni) il 62,9 per cento, gli anziani (65 anni e oltre) solo il 4,8 per cento. Il 29,6 per cento di Rom e Sinti in regione risulta sprovvisto di qualsiasi titolo di studio, il 35 per cento ha conseguito la licenza di scuola primaria e il 33,2 per cento il diploma di secondaria di primo grado, gli altri titoli sono minoritari. Fra chi ha un’occupazione, il 57,9 per cento svolge attività di lavoro autonomo, soprattutto nell’ambito dello spettacolo (come luna park), si tratta di un ambito maschile al 63,9 per cento, poi il 34,5 per cento è attivo nel commercio, prevalentemente nella gastronomia alimentare (con un maggiore coinvolgimento di donne), il 13,5 per cento nei servizi (soprattutto pulizie e manutenzione del verde).
(Cristian Casali)